Storia della cucina italiana

Guardiamo all’Italia su una mappa geografica. È evidente che la sua posizione rispetto ai paesi europei che le sono vicini, così come la sua “immersione” nel Mediterraneo, siano stati determinanti nell’influenza sulla lingua parlata, sull’esposizione a culture diverse che poi hanno orientato la nostra, anche sulla composizione stessa della popolazione.

Un po’ meno ovvio è il peso che i nostri “vicini” hanno avuto su ciò che consumiamo: il clima mite della parte sud del continente ha sicuramente agevolato l’allevamento degli stessi animali e le coltivazioni intensive delle stesse piante commestibili, ma è solo l’interazione umana ad aver agevolato la trasmissione di idee, di scoperte… di ricette!

Il cibo italiano: una storia fatta di scambi

Così anche il cibo che mangiamo è conseguenza del nostro “stare nel mezzo”. La storia della cucina italiana è, innanzitutto, la storia del nostro essere permeabili (a volte per forza, a causa di invasioni, altre per merito di scambi più pacifici).

Un esempio classico di questi scambi è il pane. Quello italiano è di altissima qualità, è protetto nella sua eccellenza da tutele di vario tipo, ma a prescindere dalla regione dove si vive, dalle forme e dalle ricette più locali, ha come base la farina di grano. Che però non era presente nella sua composizione fino a quando gli antichi greci non insegnarono ai cittadini della Roma repubblicana a panificare senza usare la farina di fave o di farro, che erano prevalenti in Italia prima dell’esposizione alla cultura greca.

Senza l’influenza greca, insomma, non avremmo alcuni degli alimenti che oggi riteniamo simboli della nostra nazione. Pizza compresa.p>

È solo un caso, ma rappresentativo di una storia che si ripete più e più volte lungo l’arco di millenni: non serve essere grandi viaggiatori o grandi esperti per rendersi conto che le somiglianze fra le cucine del Mediterraneo sono maggiori delle loro differenze.

E quando si aggiungono all’equazione anche quelle materie prime arrivate in Italia dopo le grandi esplorazioni geografiche (il mais, il cacao, i pomodori…), è evidente che i punti di contatto aumentano.

Storia della cucina italiana: una sintesi

Nei prossimi focus su questo sito ci occuperemo di raccontare in dettaglio alcuni episodi che hanno trasformato la cucina della nostra Penisola fino a portarla a essere quella che conosciamo oggi.

Tuttavia, se volessimo sintetizzare, potremmo dire che la primissima cucina italiana, quella accessibile alla maggior parte della popolazione e non solo ai privilegiati e più ricchi, era fatta di materie prime stagionali e freschissime.

Senza la possibilità di coltivare in serre o di conservare al freddo, i nostri progenitori consumavano solo ciò che aveva il suo raccolto in quel momento o che al massimo poteva essere seccato o conservato sott’olio o in salamoia. Carni e pesci compresi.

Anche i salumi e gli insaccati nascono così: la necessità era di preservare il cibo da agenti atmosferici e da animali o di trasportarlo per lunghe distanze senza rischio di deperimento.

A ben pensarci, non è cambiato molto, se non le tecnologie che rendono più semplici coltivazioni e allevamenti: rispetto ad altre nazioni puntiamo ancora sul fresco che sul confezionato. Strano ma vero.


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